Orti di Alberto Lavoradori

(10 recensioni dei clienti)

25,00

Orti è il secondo lavoro pubblicato da Edizioni Segni d’Autore, dopo Vetri, di Alberto Lavoradori, disegnatore di PK della Disney. Orti è un libro a colori in formato orizzontale, con una storia ambientata in una Venezia post apocalittica e nella sua laguna. La Madre delle Gemme, in parte donna e in parte arboreo, ha un preciso compito: perpetuare la vita. Il tutto si complica quando un infame traditore svela il luogo dove questo elegante, ma indecifrabile essere, nasce e trae linfa, ovvero, nei soleggiati orti di San Francesco della Vigna, antichissima chiesa nel Sestiere di Castello. Come in ogni storia che si rispetti, suddivisa tra ombre e luci, tra demoni e creature celesti, se c’è chi non vede di buon occhio l’attitudine alla vita, c’è chi, costi quel che costi, è determinato a proteggerla.

Formato: 30 x 21 cm
Pagine: 84 stampate a colori su carta da 140 gr.
Copertina: brossura
Cucitura: a filo refe
Prezzo: 25,00 euro
Autore: Alberto Lavoradori

Disponibile

Informazioni aggiuntive
Peso 0.4 kg
Tipologia

Fumetti

Cod

10 recensioni per Orti di Alberto Lavoradori

  1. Gio B.

    Un anno fa, ai tempi di Vetri, volevo saperne di più. Orti mi ha, anche se non è un vero e proprio seguito, accontentato, ma pone anche nuove domande. Potentissima la Madre, un personaggio che mi rimarrà impresso più, ed è tutto dire, della bellissima Venezia ritratta da un autore che ci stupisce sempre.

  2. Andrea Trevisan

    Complesso spiegare questo albo che fa dell’eccentrico e dell’enigma ogni pagina, dove una misteriosa figura femminile s’aggira per la laguna di Venezia. Perché lo fa? La sua è una missione sacra ma ad ostacolo c’è uno scenario putrescente, insano, e una serie di personaggi sinistri e poco etici, tra tutti un investigatore sciatto e il suo cane puzzolente. Strano l’effetto di questo lavoro che anche se semplice, possiede nel solco enigmi e domande a non finire. Produzione davvero poco tradizionale che però mi ha sedotto, proprio per la singolarità. Leggo fumetti, molti, di varie tipologie, manga compresi, e talvolta trovo albi monotoni… non è certo questo il caso. Orti è tutto strano, tutto inconsueto, una novità tangibile. Mi sa che per completezza sarò costretto a prendere anche il volume precedente.

  3. Manuel Crispo (proprietario verificato)

    La prima immagine che viene in mente leggendo Orti di Alberto Lavoradori è il rizoma, la struttura sotterranea della piante erbacee che ne consente la gemmazione anche in condizioni sfavorevoli.
    Dopo Vetri ci troviamo di fronte a un altro prodotto visionario, di non facile interpretazione, fotogrammi di un film ipotetico di cui mancano (ci vengono sapientemente nascosti) l’inizio e la fine. I personaggi si agitano come spettri per le strade e i flutti di una Venezia sempre più filosofale, animali (totemici?) dotati di misteriosa consapevolezza sembrano essersi sostituiti agli abitanti. La città, ancora una volta protagonista segreta, brulicante di magia. Pleasance rincorre il Monaco, la Madre rinasce, l’Artista appare e scompare come un commento alla propria stessa storia.
    Per Gilles Deleuze e Félix Guattari, rizomatico é un tipo di ricerca filosofica senza punti di ingresso o uscita, ad andamento geometrico, non lineare. Con Orti Lavoradori evade ancora una volta dalle convenzioni narrative, ma a ben vedere fa qualcosa di più, e di più pericoloso: produce arte nella misura in cui ci propone i risultati di una ricerca formale ancora in divenire, che può volgersi potenzialmente in ogni direzione, come i suoi inquietanti personaggi.

  4. Francesca Ferretti

    Sono una fan di Venezia, e ho scoperto questo lavoro cercando proprio informazioni su questa citta. Mi ha incuriosita la copertina del libro e poi le immagini legate all’opera e così l’ho acquistato. Ho trovato questo libro stranissimo e intrigante con una Venezia che trabocca di idee misteriose. Mi sono ripromessa di leggerlo ancora, per capire cosa mi piace e cosa mi angoscia. Comunque bello.

  5. Massimo

    Tavole che lasciano senza parole, una atmosfera onirica eppure così reale, è una storia che va cercata, scavata, per poi essere trovata.
    Opere come questa tengono alta l’asticella di quella meravigliosa arte che è il fumetto!

    Grazie!

  6. Mario Zuca

    Subito ordinato, Vetri mi era piaciuto assai. L’atmosfera magica e i rebus del primo albo continuano a fare da padrone, anche se qui appaiono nuovi personaggi e altri eventi. Personalmente mi ha fatto gongolare il gigantesco cane che pur borbottando solo wof, comunica bene il suo fare diabolico. Orti evita esagerazioni e praticamente tutti i cliché del fumetto classico e nuovo, e forse per questo mi è piaciuto. Spero altre avventure in questa salsa.

  7. McKid

    Devo iniziare parlando dell’illuminazione improvvisa che è stato il precedente Vetri.
    Alberto Lavoradori era il mio disegnatore preferito di PK tanto tempo fa, in una galassia vicina vicina. A stimolare particolarmente la mia immaginazione preadolescenziale erano stati i suoi bozzetti preparatori che delineavano alcuni dei design dei personaggi più incisivi delle nuove avventure di Paperinik. Avrei sempre voluto vedere più del suo lavoro, magari in contesti che gli dessero modo di esprimere appieno la sua inquieta creatività, probabilmente limitata sotto l’ala di un marchio proprietario dalle regole relativamente stringenti.

    Negli anni e anni successivi mi era capitato di sapere che aveva realizzato qualche progetto come autore completo, avevo intravisto l’intrigante Stirpi senza averlo mai a portata di mano. E poi un giorno, di punto in bianco, in uno dei rari passaggi in fumetteria mi è finita in mano la sorpresa di questo pacco di tavole a sfondo Veneziano recante la firma di Lavoradori.

    Il suo posizionarsi perennemente in bilico fra una stilizzazione cartoon e un approccio sperimentale, graficamente ma ancora più nei contenuti, trovava finalmente piena espressione in un’opera che si sbilanciava verso il secondo aspetto e estendeva questa doppiezza schizoide anche alla forma, al medium: non si trattava più solo di un fumetto inusuale ma neanche più di un fumetto. Un’opera inclassificabile, un oggetto unico, fatto di tavole slegate fra loro anche fisicamente (possibilmente incorniciabili a un muro), che condividono giusto l’ambientazione, le coordinate spaziotemporali e vaghi accenni narrativi. Vi si scorgevano solo stralci di un filo conduttore e quindi l’unico orientamento possibile per il fruitore doveva passare per la sua interpretazione. Impensabile una ricostruzione nitida, univoca degli eventi.

    Con Orti si torna in questa Venezia quanto mai fatiscente e disastrata, ma se non altro pacificata dall’epurazione delle masse turistiche. Superstite di un apparente collasso che potrebbe riecheggiare l’attuale cambiamento climatico (sarà una lettura banale, ma avevamo letto di un “desertificatore” vedendo quello che sembra il sole).
    Inizialmente questa seconda incursione si presenta in modo più tradizionale: trovandosi a sfogliarlo come un volume vero e proprio si è quasi straniti.
    Anche i dialoghi -o meglio monologhi- pur restando stringati e minimali sono molto più frequenti che in Vetri e ci fanno entrare più a contatto coi tre protagonisti.
    Se ne aggiunge una quarta che sembra personificare l’ecologia di quel territorio, la mediazione fra la componente floreale spontanea degli ecosistemi primigeni e la loro propaggine più recente: l’orticoltura degli ospiti antropomorfi che in questo habitat hanno solcato una laguna e edificato i loro alloggi galleggianti.
    La stessa ecologia che irrompe anche nei tre animali, nuovi soggetti-simbolo (grande assente: il piccione) le cui gesta si intersecano appunto con quelle dei personaggi uman(oid)i.

    Ma avvicinarsi di più alla quotidianità dei componenti del ristrettissimo ecosistema/cast di questa post-Venezia atemporale e quanto mai marginale (le zone visitate qui sono più periferiche) non sminuisce certo l’ingrediente primario del fascino di questi lavori: il mistero. Perché anche se il punto di vista si è allargato la nostra comprensione non è aumentata proporzionalmente, per quanto le nostre idee in proposito hanno sicuramente avuto di che stratificarsi.
    Il quadro è più complesso, non necessariamente più chiaro. Per quanto la rappresentazione sia figurativa, resta più vicino a un Vedova che a un Canaletto.

    Sondare nuovamente e più nel dettaglio gli arcani cicli di germinazione ed essiccazione, di distruzione e rigenerazione cui prendono parte questi vagabondi. Investigare il continuo innestarsi di artifici di diversa natura, dall’arte all’artigianato all’agricoltura all(‘ingegneri)a (palin)genetica che plasmano tanto la materia organica quanto quella minerale. Interrogare spunti di origine storica Veneziana rimodulati secondo suggestioni squisitamente sci-fi, provare a discernere dove finiscono gli uni e dove iniziano gli altri. Contemplare le calli e i canali disegnate da Lavoradori, il cui tratto è a sua volta indefinibilmente sospeso fra lo scabro e il cesellato, è preciso e al contempo brutalmente sintetico, quasi grezzo. Tutto questo significa, nuovamente, perdersi. Confondersi. E il piacere sta tutto lì.

    Anche perché cos’è la città lagunare se non dolce perdizione e malinconica contraddizione? Cosa potrebbe rappresentare meglio un simile cristallino inestimabile scrigno di storia venduto al miglior offerente, mercificato per le folle arrembanti; se non un tale connubio di contraddizioni, di tratti apparentemente incompatibili che si fanno tutt’uno?
    Accompagnare nuovamente queste figure nelle loro desolate peregrinazioni significa perdersi nuovamente, proprio com’è inevitabile visitando Venezia, che si sia muniti di una mappa o meno, in particolare se si opta per le sue arterie meno frequentate. La non-città, liminale per eccellenza.

    Dopo averla vista attraverso un vetro deformante e fra gli sterpi che emergono dagli interstizi delle architetture in stato di abbandono, mi chiedo quali altri scorci di Venezia possano celarsi dietro il forno murato dell’immaginazione di Alberto.

    So solo che ne vorrei ancora. Voglio di più, capendoci ancora meno.

    Sono disposto anche a promettere di infilarci meno letture sociologiche aggratis purché succeda. ;P

  8. Gioele

    Ho appena concluso Orti. Mi è piaciuto tantissimo. Visionario e personale tanto che sento di ringraziarti per averci concesso tanta sincerità
    .Venezia non è mai stata così sporca, logora. Mai così bella come dipinta dai tuoi acquarelli. Il ciclo della vita, fatto di resistenza e coraggio… stupendo

  9. Claudia Onisto

    Orti, opera illustrata connessa a Vetri, è un contenitore di percezioni ove ogni pagina risulta pregna sia di consapevolezze che di smarrimenti. E’ necessario leggere Orti senza apriorismi o schematismi perché tutto è indeterminato: questa è l’essenza della storia. Quello che è manifesto e quello che è latente costituisce con perfetto equilibrio il nucleo vitale di Orti: non esiste un orizzonte statico ma onirico. La vita non è reale o irreale: è semplicemente enigmatica. Alberto Lavoradori ci regala ancora una volta un lavoro di sintesi metafisica e metaforica; il suo approccio all’illustrazione è per questo privo di manierismi ornamentali. Infiniti tratti e degradazioni di colore combaciano con infinite combinazioni di significati, intrappolando il lettore nell’infinità libertà di fruire ed elaborare immortali soluzioni.

  10. Guido

    Ho letto Orti: che viaggio allucinante! Estetica post apocalittica (che io amo) meravigliosa, sporca e zozzona come mi piace, atomosfera onirica e aulica, personaggi che dicono mezza parola ma caratterizzati perfettamente, trama dalle mille interpretazioni (lo dico, vorrei già rileggerlo per carpire le mille possibili soluzioni narrative). Approvato approvato approvato.

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